Non si dovrebbe aprire un negozio se non si sa sorridere, e nemmeno se non si è capaci di fare bene i conti e soprattutto di pianificare a medio-lungo termine, includendo anche le possibili catastrofi, i “cigni neri” che si spera non arrivino, ma poi a volte invece, oplà, si concretizzano.
Con tutta la simpatia e la solidarietà verso chi a causa del lockdown non rialzerà la saracinesca e magari non saprà come campare la famiglia, viene da pensare che situazioni del genere siano anche un po’ dettate dall’abitudine di molti imprenditori di vivere sempre un po’ sul filo del rasoio.
I guru della finanza raccomandano ai lavoratori dipendenti di tenere da parte un fondo corrispondente a sei mesi di stipendio, per pararsi da eventuali “cigni neri” tipo licenziamento o cassa integrazione. Che poi spesso non ci riescano, è dato curioso e degno di approfondimento, e magari ci scriverò due righe sopra un giorno o l’altro.
Ma se questo consiglio viene dato ai dipendenti, a maggior ragione è valido per chi dirige un’azienda. E non è importante se stiamo parlando di una multinazionale con miliardi di dollari di fatturato o di un banchetto dei lupini. Sempre aziende sono, e come aziende dovrebbero essere dirette entrambe.
Invece, curiosamente, spesso succede che c’è chi “apre qualcosa” perché non trova lavoro come dipendente e “si butta” nel commercio. E’ questo verbo, “buttarsi”, che francamente fa accapponare la pelle.
Perché, per fare un esempio a caso, leggo di proprietari di ristoranti di una certa taglia che parlano di abbassare le saracinesche se “lo Stato” non li “aiuta”, e contemporaneamente di proprietari di ristoranti della stessa taglia che affermano più o meno: certo non è facile, ma vediamo un po’ come ripartire?
La mia personale opinione è che siamo di fronte a due figure diverse. Nel secondo caso siamo davanti a un imprenditore, qualcuno che pianifica, che spesso si domanda, per dire: cosa farei se dovessi dimezzare i coperti per via del distanziamento sociale? Come potrei far quadrare ugualmente i conti? Cosa faccio se il distanziamento sociale dura per tre mesi? E per sei? E per un anno? Per dieci? E via di creatività.
Nel primo caso, spiace dirlo, siamo davanti a una bravissima persona che però si comporta più come uno che scommette che come uno che intraprende. Studiare le possibili tendenze del mercato, creare se possibile dei fondi di emergenza, e soprattutto prevedere anche quello che per altri è l’imprevedibile, sono doti di base di un imprenditore.
Forse, sarebbe meglio che chi per natura naviga a vista lasciasse perdere, o creasse attività meno complesse di un negozio. Oppure, naturalmente, imparasse come funziona la faccenda.