A cura di Francesca Fiorentino
The Hateful Eight su Amazon.it
Durante una funesta tempesta di neve, una diligenza con a bordo due cacciatori di taglia, una “preda” e il futuro sceriffo di Red Rock, approda all’emporio di Minnie, un luogo che ospita altri viandanti. In un clima irreale si consuma un “uno contro tutti” di portata colossale.
Sì, abbiamo atteso The Hateful Eight sin dai titoli di coda di Django Unchained e sì, dobbiamo ancora digerirlo. Succede sempre così con i film di Quentin Tarantino. Alla prima visione restiamo spiazzati, quasi sfibrati da tanta potenza. Poi, piano piano, le storie cominciano a farsi strada e ci ritroviamo a canticchiare il motivo principale della colonna sonora (in questo caso firmata da Ennio Morricone) o a ripensare a quel dettaglio che pareva inutile e invece si rivela essenziale alla comprensione del racconto.
Secondo “western” della gloriosa carriera di Tarantino, The Hateful Eight a detta di molti è l’opera più matura e risolta del regista. Di certo non possiede quell’allure citazionista e quello spirito “pop” a cui eravamo abituati, e per questo sembra austero, quasi noioso; ma l’opera è un ritratto nerissimo di un’America affatto pacificata, che proprio nel momento di massimo splendore del suo mito, alla fine della Guerra di Secessione, con la sconfitta dello schiavismo e l’inizio dell’era democratica di Abraham Lincoln, pianta le radici di una violenza senza fine e senza scopo. La violenza non sembra nascere da una risposta a un’offesa, ma è logica conseguenza di una pace infranta, costruita su presupposti lacunosi.
Il film è girato magnificamente, con una maestria rara. Da vedere nonostante tutto.