Ma quante cose fai?

kaliQuando le persone mi chiedono cosa faccio,  comincio a descrivere le mie attività, e a un certo punto mi fermano esclamando: ” Ma quante cose fai???

La convinzione diffusa infatti è che una persona per vivere debba fare una data cosa x, punto e basta. Se faccio il bancario, faccio solo il bancario, così il meccanico, il macellaio, l’impiegato eccetera. Il percorso di vita ideale sembra essere:  nascita—->buoni voti a scuola—>posto fisso—>pensione—->morte

Per un certo periodo tutto questo è parsa una mappa corretta del territorio, un modo giusto di interpretare la realtà. E ha funzionato per una o forse due generazioni di persone.

Prima e dopo, cioè adesso, non è più cosi. Come insegnano i formatori finanziari, in particolar modo Robert Kiyosaki, adesso non è più così. E neanche prima di queste due generazioni. In sostanza, il modello “entro-in.un-azienda-e-ci-arrivo-alla-pensione” è stato valido solo per un periodo di tempo che, tutto sommato, dal punto di vista storico è abbastanza breve.

In questo momento le cose stanno diversamente. Occorre essere imprenditori nell’animo . Anche quando ci capita di essere dipendenti, dobbiamo essere consapevoli che non si può contare sul posto cosiddetto fisso. Dobbiamo avere obiettivi di fatturato sviluppare intelligenza finanziaria. Ovvero, capire quali sono le tecniche per gestire il denaro. Senza contare che è utile anche sforzarsi di acquisire nuove competenze.

Questo è il motivo per cui cerco sempre di avere più gambe finanziarie. In questo post (che minaccia di diventare chilometrico) mi propongo di illustrare quali sono queste gambe e perché le ho scelte. Magari potrà essere utile a qualcuno. Sicuramente sarà utile a me per un po’ di introspezione.

Multi Level Marketing.  Costruire reti di consumatori, ed essere pagati per questo. Ritengo che sarà la mia (congrua) integrazione pensionistica. A parte questo, trovo che sia fantastico per chi, come me, la vendita non sa neanche dove sta di casa.

L’unica fregatura di questo tipo di attività è che è libera. Facile da fare, ma anche facile da non fare. Per ottenere risultati è assolutamente necessario uscire più o meno velocemente dalla nostra zona di comfort.

E’ un’attività assolutamente per tutti. Non richiede titoli di studio, non sta a vedere se sei uomo, donna, altro, bianco, nero, giallo o a pallini. Costa pochissimo iniziarla, la puoi gestire come vuoi. Nessun capo che ti sfiata sul collo.

Se vuoi sapere nel dettaglio come funziona io e la mia upline saremo lieti di spiegartelo. Scrivimi a notiziedalivorno(at)gmail.com

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Giornalismo:  La radio è sempre stata la mia passione, si può dire, fin da neonato.  Da piccolo uccidevo i miei genitori mettendo i dischi nel mangiadischi  e parlandoci sopra.

Non c’era nessuna garanzia che un giorno potessi arrivare da qualche parte in questo modo, anche perché facevo ‘sti numeri prima ancora che in Italia si avesse idea che sarebbero arrivate le radio private.

Eppure. Ci ho messo un tantino, ma prima sono riuscito a diventare uno speaker professionista, poi un giornalista, sempre professionista, poi ad entrare in graduatoria per un’eventuale assunzione in Rai,  che  si è concretizzata alla fine del gennaio 2017.

Devo dire che nemmeno io mi aspettavo di arrivare così lontano. Evidentemente, la politica del fare un passo avanti funziona.

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Investimenti:  – Come dice giustamente Jim Rohn, “Profit is better than wages” , ovvero “Il profitto è meglio dello stipendio.”  Bene lavorare, bene darsi da fare, ma se non impariamo a gestire i soldi  rischiamo di non creare mai del cashflow, ovvero di non mettere mai nulla da parte, e quindi di non imparare mai ad investire.

E’ bene notare che per investire non esiste una formula magica. O per essere più precisi, ne esiste una per ciascuno di noi. Dobbiamo studiare. Cercare di capire come funzionano gli strumenti di investimento, magari rubando qualche ora alla televisione.

Forex  -Azioni -Tecniche di risparmio

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Immobiliare. Questo è un campo dove in realtà sto appena cominciando a mettere il naso. In realtà, da qualche anno ho superato l’esame in camera di commercio per mediatore, ma non ho mai esercitato. Il motivo è molto semplice: la legge impone ai mediatori immobiliari di esercitare il mestiere in esclusiva. Insomma, non puoi fare altro.

Lo fa per garantire qualità per il consumatore, senza dubbio. Io però l’ho sentita come una limitazione.  All’epoca poi (2007) stavo avendo discrete soddisfazioni come giornalista, per cui lasciai perdere. Ancora oggi sono dello stesso parere, e semmai entrerò nel settore come procacciatore d’affari o addirittura come investitore in proprio. Come immobiliarista, più che come agente immobiliare.

Il campo è sicuramente complesso, con tutta la burocrazia e le leggi che lo caratterizzano. Ma proprio per questo rappresenta una sfida interessante. Quantomeno uno stimolo ad imparare cose nuove ogni giorno. Senza contare che ci sono persone che ci campano, e può essere interessante approfondire come fanno.

 

 

Perfezionismo? No grazie

perfectionIl perfezionismo, ovvero la pretesa che tutto vada secondo le proprie aspettative, spesso fa più danni della grandine.

Certo, è cosa buona e giusta avere degli obiettivi. E anche perseguirli con una certa determinazione, in modo da uscire dalla nostra zona di comfort.

Il problema,  a mio parere, sorge quando ci dimentichiamo che il fallimento non esiste. Quando pensiamo che stiamo fallendo, in realtà siamo in una fase di apprendimento. Stiamo imparando.

Spesso non tolleriamo queste lezioni. Vorremmo che il raggiungimento delle nostre mete fosse lineare e senza inciampi. Il che non è possibile. E, se accadesse, non avremo imparato quello che serve. Se per caso raggiungiamo ciò che vogliamo, siamo soggetti a perderlo facilmente perché non sappiamo come mantenerlo

Il perfezionismo, poi,  è nemico giurato della flessibilità, ovvero la capacità di trovare leve positive in qualsiasi situazione. Pretendiamo che le cose vadano in una certa maniera, e solo in quella.

Dal momento che l’esito favorevole è uno solo, e quelli possibili sono molti,  ecco che abbiamo più possibilità di essere delusi che di essere soddisfatti.

Se invece riusciamo ad avere quel tot di flessibilità necessario per trasformare i “fallimenti” in esperienze, ecco che aumentiamo di parecchio le nostre possibilità di riuscita.

L’unica malattia veramente mortale

cerottoQuando capita di avere un congiunto in ospedale si ha l’occasione di riflettere sulla relativa fragilità del nostro corpo. E si imparano moltissime cose.

In ospedale ci si sente sradicati dal proprio ambiente. E questo al di là dell’encomiabile impegno del personale sanitario, che ho avuto modo di riscontrare in più occasioni.

So bene che l‘argomento malattia e morte nella nostra società è un vero e proprio tabù. Ma d’altra parte sono situazioni che fanno parte della nostra condizione umana. Ritengo pertanto che sia meglio conoscerle e gestirle che ignorarle, e lasciare che ci disturbino dal fondo del nostro subconscio, manifestandosi di quando in quando con le simpaticissime crisi di panico, ovvero di paura non si sa di che.

Del resto, abbiamo un corpo, e il corpo si può ammalare. Il lato positivo è che possiamo imparare a conoscerne il funzionamento, e quindi capire come trattarlo meglio.

Questo anche quando, per una serie di circostanze, ci troviamo alle prese con una malattia, ovvero un malfunzionamento di qualche organo del nostro corpo. Anzi, spesso succede che proprio quando ci si ammala si ha l’occasione di imparare qualcosa.

Prendiamo l’infarto. Perfino la parola mette paura. Eppure, quante volte ho sentito di persone che, proprio dopo questo evento ritenuto così spaventoso, hanno imparato a rispettare il proprio corpo, migliorando il loro stile di vita  e quindi, diventando tecnicamente più sani di prima.

Che dire di un tumore? Altra parola terrificante, che suona come una condanna. Tuttavia, anche qui di altro non si tratta che di un malfunzionamento del nostro corpo, che in molti casi può essere gestito piuttosto bene, garantendo a chi si ammala un’aspettativa di vita pari a quella di una persona perfettamente sana.

L’unica malattia veramente mortale è arrendersi, ovvero rinunciare a gestire le nostre emozioni, lasciarsi travolgere dal caos. Tutto il resto è fuffa.

Pensiero e memoria, ovvero l’arte del pensare in avanti

freccia_avantiPer procedere nella vita bisogna pensare.

Direte voi, ma io penso continuamente. Il punto è che spesso non si pensa. ma si ricorda. Ovvero, ci rigiriamo nella testa delle situazioni passate, cioè dei ricordi. Preferibilmente, ricordi di momenti in cui abbiamo fallito. Il che, come si comprenderà, non è una buona idea, se vogliamo crescere come persone.

Ma allora, cosa significa pensare? Vuol dire pensare attivamenteovvero immaginare la situazione che vogliamo creare piuttosto che quella in cui ci troviamo.

Non è complicato. Si tratta in definitiva di cambiare abitudini. Infatti, se “pensare all’indietro” è un’abitudine, possiamo invece sviluppare l’abitudine di “pensare in avanti“.

Come sempre, non si tratta di spingere un bottone o ingoiare una pillola. Pensare in avanti presuppone (e aridaje) che uno si prenda la responsabilità della propria vita.  Ovvero, che decida di rispondere in modo costruttivo a quello che ci succede tutti i giorni.  Diversamente, continueremo a generare la realtà in cui viviamo.

Network Marketing: Parla di meno, con più persone

blablablaQuanto tempo ed energie se vanno parlando troppo con persone che non ne vogliono sapere di fare Network Marketing? Quantità industriali.

Certo, è una bella cosa essere entusiasti della nostra attività e cercare  di trasmettere il nostro entusiasmo a chi abbiamo di fronte, ma dobbiamo anche considerare che non tutti siamo uguali.

Noi abbiamo preso la decisione di usare il network marketing per cambiare la nostra vita, ma altre persone potrebbero non vederla nello stesso modo. E non sarà certo la quantità di informazione che rovesciamo addosso al malcapitato di turno a fargli cambiare idea.

Anzi, potremmo ottenere l’effetto opposto. Dopo il “trattamento” è possibile che il nostro interlocutore non ne voglia più sapere, non solo dell’attività,  ma neanche di noi. Il che non è certo un bel risultato, per un’attività che vive di relazioni.

Quante volte mi è capitato di fare presentazioni del business lunghissime, anche quando era evidente che il mio interlocutore stava morendo di noia? Forse, ma solo forse, era il caso di lasciar perdere, e usare quel tempo per fare un contatto o lavorare sulla lista nomi.

Dobbiamo allora capire che non tutti faranno questa attività,  o meglio non tutti sono pronti a farla nel momento in cui gliela proponiamo.

Come sempre, si tratta di un gioco di numeri. Se concepiamo la nostra lista nomi come un mazzo di carte,  più contatti facciamo, più è probabile che trovi il mio “asso”.

Ne deriva che la cosa migliore è parlare di meno, con più persone. Ovvero: quando contattiamo, o facciamo una presentazione, non diamo troppe informazioni, se il nostro interlocutore non si mostra curioso di approfondire. Se non c’è interesse, lasciamo perdere quella persona, almeno per ora, e next. Passiamo alla prossima.