Studiare (e formarsi) nonostante le emergenze

Riprendo volentieri l’argomento scuola, ragionando sugli effetti che ha avuto su questa istituzione la crisi pandemica. Non è una novità che secondo me, a parte qualche eccezione, la scuola nel suo complesso finisca per far odiare i libri e e lo studio.

Anche il fatto stesso che si chiami “scuola dell’obbligo” è veramente una disgrazia. Bisognerebbe proprio ribaltarla dalle fondamenta, trasformandola in un posto dove il cervello e la mente dei ragazzi vengono attivati, piuttosto che riempiti di nozioni.

In attesa che questo concetto passi, e prima o poi passerà, parliamo della scuola com’è in questo momento, soprattutto per quanto riguarda le superiori, con le polemiche legate all’ormai famigerata DAD, ovvero la Didattica a Distanza, strumento già esistente ormai da parecchi anni, ma che con i provvedimenti anticontagio ha sperimentato un vero e proprio balzo quantico a livello di utilizzo, tanto che all’inizio della Dad così come la conosciamo si temeva che la Rete non reggesse, contando anche gli utenti di Netflix, Prime Video etc., a loro volta aumentati esponenzialmente con il confinamento.

In realtà la Rete, a parte qualche colpo di tosse iniziale, ha retto benissimo. Quello che sembra non reggere è la qualità della formazione erogata attraverso la Dad. I motivi sono molteplici, ma fondamentalmente sembra che sia gli studenti che gli insegnanti si siano sentiti un po’ catapultalti in questo sistema, con comprensibile disorientamento da una parte e dall’altra. Per non parlare delle famiglie, che si sono spesso dovute organizzare, vuoi per la presenza dei ragazzi in casa tutto il giorno, vuoi perché in molti casi il computer e la connessione in casa proprio non c’erano.

Altro aspetto da considerare è che, anche ammesso che ci siano il computer e una connessione valida (cosa per niente scontata come potrebbe sembrare), la Dad, come tutti i tipi di formazione a distanza, ha altre due caratteristiche: (1) vengono meno le relazioni che si formano normalmente in un’aula, e che in certo qual modo contribuiscono a creare un ambiente orientato all’apprendimento (2), conseguenza della (1) per imparare le stesse cose con la Dad occorre molta, molta più concentrazione rispetto alla lezione in presenza.

Se poi contiamo che molti ragazzi, per motivi legittimi per carità, questa grande voglia di studiare non ce l’hanno, ecco che la frittata è servita. L’anno scolastico si trasforma in qualcosa di molto simile a un dialogo tra sordi.

Cosa può fare chi, invece, intenda comunque formarsi e istruirsi in modo dignitoso? Come sempre, si tratta di fare di necessità virtù. Tenendo conto delle problematiche di cui sopra, ecco alcuni spunti in… disordine alfabetico e di apparizione.

  • Se non abbiamo il computer e/o la connessione, sarà il caso che ce li procuriamo
  • Se dopo la lezione abbiamo la sensazione di non aver capito bene, sarà il caso che approfondiamo. Dal momento che abbiamo la connessione, usiamo Internet. Meglio ancora, adoperiamo le biblioteche. Oppure, superando il senso di vergogna per non aver capito, chiediamo il docente.
  • In generale, va capito che la formazione e lo studio non sono responsabilità della scuola, ma nostra.

La ruota della “fortuna”

Quando ci si sente persi, è perché si perde di vista l’insieme. Ci focalizziamo su un aspetto della nostra vita, in genere quello che funziona “peggio” (cioè, diversamente da come ci piacerebbe). Il che non è del tutto sbagliato. Ovvio che quando qualcosa “non funziona” ci piacerebbe “aggiustarlo”. Solo che, almeno secondo la mia esperienza, quasi mai lo “aggiustiamo” sviluppando una fissazione su quell’aspetto della nostra esistenza.

Secondo alcune teorie, i vari settori della nostra vita devono essere in equilibrio fra di loro. Un po’ come se fossero i raggi di una ruota, che non funziona a dovere se non è perfettamente circolare. Questo significa che molto spesso migliorare in un settore della ruota significa sviluppare la nostra vita nel suo complesso. Ogni settore è interconnesso con gli altri.

Insomma, quando un settore della nostra vita non funziona, può essere una buona idea lavorarci su. Ma se per caso non sappiamo da dove iniziare, come possiamo comportarci? Ecco che, per quanto controintuitivo possa sembrare, può rivelarsi uno spunto altrettanto buono mettersi al lavoro su un settore che funziona abbastanza bene. Concentrarsi insomma su aspetti che incontrano abbastanza le nostre aspettative.

In casi come questi si attiva infatti un meccanismo curioso. La sensazione di essere competenti in quest’ultimo settore, di riuscire a gestirlo in modo quantomeno dignitoso, può renderci abbastanza fiduciosi da alzare la nostra vibrazione quel tanto che basta perché l’intuizione si riattivi e “sbuchi fuori” una soluzione valida anche per quel settore in cui ci sentivamo un tantino persi.

Ancora una volta, si conferma la validità dell’assioma di Randy Pausch, per il quale “la fortuna è quando la preparazione incontra l’occasione”

Meditazione al volo. Di nuovo, la sana perplessità

Ne abbiamo parlato che non è molto, della sana perplessità. Cioè, l’atteggiamento grazie al quale ci stacchiamo dalla situazione contingente e la mettiamo in dubbio. O, per essere più precisi, ci stacchiamo dall’opinione che ci siamo fatti della situazione.

Questo vale naturalmente quando la situazione va “male” (cioè, diversamente da come piace a noi). E’ un ottimo metodo per mettere in prospettiva il nostro rapporto con il mondo. E, almeno secondo la mia personalissima esperienza, è una forma di “meditazione al volo”, che ci può consentire di ottimizzare parecchio i tempi.

In effetti, viene consigliato a chi vuole iniziare a meditare di fare due sessioni al giorno da venti minuti ciascuna. Sembra semplice, ma… onestamente, quanti trovano venti più venti minuti al giorno per meditare? E’ uno di quei buoni propositi, come correre la mattina presto e/o mettersi a dieta, che alla fine. statisticamente, finiscono in cavalleria.

Invece, la Sana Perplessità, più che un tipo di meditazione, è un’abitudine, un modo di pensare, una forma mentis. Si tratta quindi, semplicemente, di decidere di implementarla. Proponiamoci di fermarci ogni tanto e di mettere in discussione la situazione in cui ci troviamo attraverso la Sana Perplessità. Esattamente come succede con un esercizio fisico, gradualmente svilupperemo anche questo particolare “muscolo proattivo”.

Il risultato finale di tutto questo è che ci renderemo conto di come molto spesso per ogni problema esistano infinite soluzioni, mentre altrettanto spesso pensiamo che non ce ne sia nessuna. Avremo finito di lasciarci andare con la coscienza, e diventeremo protagonisti della nostra vita, anziché vittime o carnefici.

Fuori dallo spazio-tempo

Stiamo troppo all’interno del flusso spazio-temporale. Specialmente in questo periodo (Marzo 2021) siamo focalizzati sullo scorrere del tempo e sulla gestione dello spazio perché, per esempio, dobbiamo ricordarci di mettere la mascherina igienizzarci le mani mantenere il distanziamento. Ma naturalmente succedeva anche prima, per esempio per il fatto che le bollette arrivano periodicamente, l’affitto o il mutuo vanno pagati tutti i mesi e alla fine ci convinciamo che il tempo è circolare e che non usciremo mai dalla ruota del criceto.

Quest’ultima convinzione è la più deleteria in assoluto, e sono sempre più convinto (giusto per rimanere in tema) che vada combattuta con tutte le nostre forze. Anche qui come negli altri casi, si tratta di allenarsi, prendendoci la respons-abilità di quello che pensiamo.

E qui ecco un esercizio che personalmente trovomolto utile per staccarmi dal flusso spazio-tempo. Lo chiamo “esternalizzazione”. Chiudo gli occhi, e mentalmente mi raffiguro aspetti della realtà intorno a me. E’ incredibile come allontanandosi col pensiero dal posto dove ci troviamo tutto assuma una dimensione affatto diversa, se vogliamo più centrata ed oggettiva.

Ma questo ovviamente è solo un esempio. Quello che conta è interrompere il flusso spaziotemporale che ci sta trascinando in modo limitante, uscendo dall’opinione che ci siamo fatti della situazione, per prenderne in considerazione altre, più vitali e stimolanti.