Modalità Ricerca

I momenti che di solito etichettiamo come ‘smarrimento’ sono un’ottima occasione per fare nuove esperienze che possono anche rivelarsi molto interessanti o addirittura decisive. Insomma, una sorta di invito a ‘uscire dalla scatola”.

Troppo spesso infatti finiamo per identificarci con la nostra personalità, cioè con ciò che siamo convinti di essere piuttosto che con quello che siamo davvero: esseri capaci di apprendere sempre qualcosa di nuovo. In questo senso la Modalità Ricerca può essere estremamente.

Come si attiva questa modalità? Per quanto mi riguarda, in diversi modi, che però fondamentalmente si riferiscono alla casualità. Ad esempio, decido di leggere qualche pagina di un libro che a pelle proprio non mi interessa o non mi piace, e che naturalmente ho (ri)trovato guardando a casaccio tra i libri che ho in casa, sullo scaffale di una biblioteca, in libreria o sulle bancarelle dei libri usati (quest’ultime davvero dei piccoli pozzi dei miracoli).

Internet, poi, offre possibilità praticamente infinite. La più semplice, aprire Wikipedia e usare la funzione “una pagina a caso. Oppure, cercare su Google una parola che non ci interessa minimamente, e vedere che siti saltano fuori, seguendo i link e attivando la nostra curiosità.

Un’altra grandiosa possibilità di attivare la Modalità Ricerca è viaggiare. Andare in posti dove non siamo mai stati, oppure visitare quelli che già conosciamo cercando dettagli nuovi, che ci erano sfuggiti. Naturalmente si può “viaggiare” anche virtualmente, per esempio guardando un film che esce dai nostri soliti gusti o un documentario su un argomento di cui sappiamo poco o nulla, e che siamo convinti che non ci interessi.

Insomma, qualsiasi metodo che ci aiuti ad uscire dalla nostra scatola può innescare la Modalità Ricerca, e potenzialmente ampliare le nostre prospettive, a volte anche in modo decisivo. Lo scopo, comunque, è far sì che la nostra mente rimanga il più possibile aperta ed elastica.

Il barattolo virtuale

Questo post costituisce in gran parte un aggiornamento di uno analogo intitolato Un passo avanti con il Denaro. Una lettrice, Alessandra, mi ha fatto notare che in alcuni paesi – come quello dove vive lei, la Francia – il contante è praticamente scomparso, e la moneta è tutta elettronica, e quindi diventa difficile avere a portata di mano degli spicci da poter depositare nel barattolo di marmellata.

Lo spunto era troppo appetitoso. In Italia, come ben sappiamo, di contante ne circola decisamente di più, e quindi la strategia del barattolo fisico è molto più praticabile. E indubbiamente il fatto di vedere il barattolo aiuta ad essere più costanti. Tuttavia, dopo un po’ di riflessione, ritengo di poter essere utile anche a coloro che vivono in paesi dove la moneta è in gran parte dematerializzata. Proviamo a concepire il barattolo come virtuale. Cioè, invece di un posto fisico, immaginiamone uno dematerializzato. I primi posti del genere che mi vengono in mente sono i principali strumenti finanziari usati dal pubblico retail. Ovvero, il conto bancario e le carte prepagate.

Entrambi possono funzionare come barattoli. Un po’ come usava un tempo, quando per esempio i genitori ‘aprivano il libretto’ per gli studi dei figli. Un po’ di soldini ogni mese, e alla maggiore età ci si ritrovava con il necessario per pagare le tasse universitarie.

Allo stesso modo, si può pensare di aprire un conto corrente ‘intoccabile’, o più semplicemente una prepagata, su cui caricare periodicamente piccole somme, da destinare a un obiettivo preciso. Finché l’obiettivo non è raggiunto, quei soldi non esistono.

Certo, occorre disciplina. Ma, a ben vedere, non più di quella necessaria a tenere chiuso il barattolo fisico.

Allineare mente e corpo

Non so se succede anche a voi, ma mi capita di rendermi conto di come a volte la mente non è per nulla allineata con il corpo. Ovvero, il nostro corpo fisico si trova in un determinato punto dello spazio-tempo, mentre la mente è “altrove”. Rimugina su punti dello spazio-tempo passati (rimpianti) o ipoteticamente futuri (pre-occupazioni).

Naturalmente questo disallineamento porta a perdite piuttosto cospicue di energia. Un vero peccato, non trovate? Nel caso dei rimpianti, ci si concentra su qualcosa che è abbondamentemente passato. Non possiamo farci molto, a parte trarne una lezione e poi dimenticarsene. Nel caso delle preoccupazioni, ci si concentra su cose che forse non accadranno mai.

Può essere quindi utile imparare ad essere dove si è, in quello che molti chiamano “qui-ed-ora”. Non è cosa facile perché, per motivi che qui non staremo ad analizzare, l’ambiente che ci circonda – o meglio le persone, perché l’ambiente ha altro da fare – tende a incatenarci a rimpianti e preoccupazioni. Anche qui, come in molti casi, si tratta (a) di decidere di essere il più possibile nel quiedora e (b) ricordarsi il più spesso possibile di questa decisione.

Quando metto in atto questa piccola procedura, l’effetto è incredibile. E’ come se tutte le possibilità si dispiegassero intorno a me. Si esce dalle aspettative “rigide” che spesso ci creiamo, e vediamo molte possibilità per raggiungere il nostro obiettivo laddove fino a quel momento sembrava che ne fossero poche, una soltanto o addirittura nessuna.

Non avete idea di quanto, in questo modo, la nostra energia aumenti, e ci si senta più sereni e focalizzati.

Calcio d’inizio

Ormai è tutto pronto. Cioè, davvero. Ho visto e rivisto ogni aspetto del mio lavoro, e mi sento di dire in coscienza che meglio di così non avrei saputo fare. Del resto, ho avuto tutto il tempo del mondo, anzi dell’Universo. Anche perché il tempo, in definitiva, l’ho inventato proprio io. Prima, semplicemente non c’era.

Mi sorprendo a fermarmi un attimo. Come chiunque sta per avere un figlio, trovo delizioso immaginare tutte le eventualità prossime venture di questo pargolo a cui sto per dare vita. Immagino tutte le fasi della crescita, le vicissitudini, le gioie e i dolori, e complessivamente il fascino del dipanarsi infinto delle possibilità, in cui davvero si realizza il proverbio: non è mai detta l’ultima parola.

Faccio un profondo respiro, ed ecco, sento che è il momento. Il mio spirito ormai aleggia sulle acque.

Sia la luce.

Riconoscere i pensieri di Serie C

Tempo fa ho sviluppato una riflessione di tipo “calcistico”, classsificando i nostri pensieri, essenzialmente, in tre categorie, Serie A, B e C. In questi giorni, in cui sperimento un certo affaticamento psicofisico legato molto banalmente a naturalissimi bioritimi, si affacciano spesso dei pensieri di Serie C, ovvero non particolarmente brillanti dal punto di vista vibrazionale.

Stando così le cose, mi sono detto: per mettere a frutto questo tempo caratterizzato da una vibrazione un po’ sotto le righe, perché non esercitarmi a riconoscere i pensieri di Serie C? Per farlo, mi serve soltanto il minimo sindacale di dis-identificazione dal flusso della mia mente.

Anche qui, come dico spesso, è questione di decidere di farlo e poi cominciare a farlo di tanto in tanto consapevolmente. Non sempre riesce, ma con l’allenamento (riecco lo sport!) diventa poi un’abitudine abbastanza automatica.

Magari poi ne riparliamo più avanti, ma intanto posso dirvi che individuare i pensieri di Serie C si sta rivelando uno dei modi più proficui di investire il mio tempo. Quando individuo un pensiero di questo tipo, e ne prendo le distanze, ecco che si libera un notevole potenziale energetico, da utilizzare per andare verso i propri obiettivi, anziché disperderlo in mille e mille direzioni che non ci portano da nessuna parte.

Creatività, antidoto alla Rabbia

Quando qualcosa ci infastidisce, probabilmente ci troviamo di fronte ad un utile esercizio per la nostra Creatività. Sono sempre più convinto, infatti, che uno dei nostri obiettivi più importanti sia ridurre al minimo la possibilità che alcunché ci infastidisca, assorbendo energie che invece dovrebbero andare in direzione costruttiva, ovvero a nutrire la Creatività.

Facciamo un esempio pratico, giusto per dimostrare che anche chi si occupa di motivazione e sviluppo personale da una ventina d’anni è tutt’altro che perfetto e ha i suoi momentini. É capitato che un noto social mi ha impedito per un giorno di postare link. Il perché, non è dato saperlo. Non ha avuto alcuna risposta un mio messaggio per capire cosa avevo combinato e soprattutto come potevo evitare nuove limitazioni.

Lì per lì, lo confesso, non ci sono rimasto benissimo. Anzi, ho cominciato a pensare perbaccolina, e se poi questa limitazione, per qualche motivo, dovesse diventare permanente? Come potrei mai sopravvivere senza condividere i link che mi piacciono? Ah, scorno! Ah, disgrazia! Sentivo la Disperazione e la Rabbia crescere dentro di me, marea montante apparentemente inarrestabile.

Apparentemente, appunto. In effetti, tutto questo è durato un paio di minuti. Poi mi sono ripreso. Ok, mi sono detto, è una bella seccatura. Però, anche se per assurdo mi avessero davvero escluso sine die dalla possibilità di condividere link, si sarebbe semplicemente trattato di uno dei tanti aspetti dell’unica cosa certa nell’universo. Vale a dire, il cambiamento.

Allora, ecco che alla Rabbia subentra la Creatività. Ovvero, la consapevolezza che lo stesso obiettivo può essere raggiunto in molti modi diversi. Un po’ come quando, viaggiando, si incontra un’interruzione. Si può sempre “ricalcolare il percorso”, che magari sarà un po’ più lungo e arzigogolato, ma ci porterà ugualmente a destinazione.

Questa consapevolezza ha un effetto notevole: neutralizza l’insoddisfazione che spesso assedia molti di noi, insoddisfazione che spesso si trasforma in vera e propria Rabbia, contro il mondo o contro di “loro”. Un sentimento del genere, semplicemente, non ha più motivo di esistere, dal momento che prima o poi otterremo quello che vogliamo. Basterà avere un tantino di pazienza.

Ai miei tempi…

E’ strano: attorno ai cinquanta, come nel mio caso, cominci a sorprenderti a dire “ai miei tempi…”. E’ un po’ un atteggiamento del tipo “si stava meglio quando si stava peggio.” Visto in retrospettiva, il periodo in cui eravamo giovani e baldi ci sembra sempre migliore di quello che stiamo vivendo attualmente. Era tutto migliore: il modo di vivere, il cinema, la musica… Insomma, quando si comincia ad invecchiare, curiosamente tutto peggiora.

Ma siamo sicuri che sia proprio così? No, giusto perché discorsi assolutamente simili li sentivo fare da mio padre quando ero ragazzo, e del resto lui stesso mi raccontava che concetti dello stesso tipo erano stati espressi a suo tempo anche da suo padre (id est mio nonno). Insomma, è come se agli esponenti di una data generazione a un certo punto si chiudesse il cervello, e divenissero totalmente refrattari alle novità.

Naturalmente, si tratta di una iattura di dimensioni immani. Intanto, perché la nostra mente è bene che rimanga sempre più larga possibile. Se manteniamo (o riacquistiamo) la flessibilità mentale necessaria per scoprire il bello (o magari solo l’interessante) anche in cose che in teoria ci potrebbero sembrare “troppo moderne”, ecco che la nostra vita si arricchisce non poco.

E magari anche “questi tempi” diventeranno i “nostri tempi”. Si tratta come sempre di decidere e allenarsi, partendo da piccole cose.

L’iniziazione ‘dolce’

Sto leggendo L’iniziazione di Rudolf Steiner, e devo dire che questo libro, scritto peraltro in modo molto semplice e scorrevole, mi sta rendendo molto più comprensibili e ‘vicini’ termini come occultismo e, appunto, iniziazione.

Le pagine di Steiner chiariscono come i due concetti di cui sopra non siano poi quella cosa un po’ “misteriosa” che possono sembrare a prima vista. In realtà, Steiner ci invita semplicemente a prendere coscienza dei nostri pensieri, delle nostre azioni e del mondo circostante.

Di solito, infatti tendiamo a vivere di automatismi. Il che non è sempre negativo. Se mangiando o guidando l’automobile dovessimo ragionare su ogni singola azione, diventeremmo come il millepiedi che cominciò a pensare a quale gamba mettere avanti per prima.

Prendere coscienza, d’altra parte, non è altro che una questione d’abitudine, esattamente come agire in automatico. Per cui, il primo passo è decidere di prendere coscienza. Naturalmente, non si tratta di un interruttore che passa da Off a On. I primi passi saranno incerti, e spesso, specie all’inizio, ricadremo nell’automatismo. Quello che conta è, ogni tanto, rendersene conto e rinnovare la nostra decisione, fino a costruire la nuova abitudine.

Tutto qui. Non è necessario fare viaggi in Tibet. Basta e avanza cominciare a distaccarsi dalla nostra vita quotidiana e vederla, in un certo senso, “da fuori”.

Ecco che i termini iniziazione e occulto assumono significati molto diversi, e se vogliamo più familiari e rassicuranti. Iniziazione si suddivide in inizia-azione, cioè un invito a cominciare a muoversi, a fare un passo avanti, anche se il primo passo è per definizione un po’ insicuro. Occultismo continua a significare “conoscenza di ciò che è nascosto”, ma non tanto perché questo qualcosa viene tenuto nascosto da qualcuno che malignamente non vuole rivelarcelo, bensì perché siamo noi, che, molto banalmente, non lo prendiamo in considerazione, troppo coinvolti nelle beghe del nostro quotidiano.