Càpita a volte che sentiamo di aver perso la direzione, il senso della vita. Le giornate si somigliano, ci sentiamo stanchi e a volte vien voglia di mollare tutto, anche se non sappiamo come. E’ quella che possiamo chiamare “La sindrome di Tahiti”: uscire a comprare le sigarette (anche se non abbiamo mai fumato) e scomparire agli occhi dei nostri familiari, per andare magari a Santo Domingo ad aprire il millemillesimo chiringuito.
Naturalmente, non funzionerebbe. Ne abbiamo parlato diverse volte. Certo, all’inizio ci sarebbe l’eccitazione della novità, e per un po’ sarebbe anche bello e positivo. Il piccolo problema è che il noi che siamo in quella situazione è esattamente il noi che è fuggito dalla situazione precedente. Non siamo cambiati, e presto o tardi torneremo a ricreare una situazione simile a quella che abbiamo lasciato correndo via a gambe levate.
Il punto è che, quando ci sentiamo oppressi dalla situazione in cui stiamo vivendo – e che, comunque, abbiamo costruito noi – é nostra respons-abilità cambiare prima di tutto dentro di noi. Dobbiamo tornare ai fondamentali, ai nostri valori. Perché sono i nostri valori ad averci portato dove siamo, e sono sempre loro che ci possono aiutare a capire quale strada possiamo prendere per avere una vita più piena. E’ quella che da un po’ di tempo vado chiamando Revisione della Routine.
Spesso, anzi quasi mai, i cambiamenti necessari sono drastici. Si tratta in buona sostanza di ritrovare il nostro bambino interiore, parlare con lui e ricordare quali erano le nostre aspirazioni quando ancora la nostra funzione d’onda non era collassata, quando cioè le possibilità per noi erano virtualmente infinite. Cosa volevamo diventare? Astronauta, chirurgo di fama mondiale, rockstar, ingegnere pilota che fa i rally (cit. quest’ultima da una nota pubblicità degli anni ’80 del secolo ventesimo).
Direte voi: ma ormai quelle cose sono diventate impossibili. Ho moglie, figli, o comunque anche se non li avessi la vita con le sue necessità mi attanaglia tutto il giorno, tutti i giorni, e qualche volta anche la notte, anzi quasi sempre anche la notte. Come faccio a mollare tutto e fare quello che mi sento di fare?
Il punto è che quanto sopra è essenzialmente una nostra convinzione. Ce la siamo ripetuta tante di quelle volte che abbiamo finito per credere che sia l’unica verità possibile. Noi non contiamo nulla, dobbiamo soltanto produrre, consumare e crepare.
Ebbene, non è esattamente così. Certo, se decidiamo di essere autonomi o di formarci una famiglia è chiaro che qualche responsabilità dobbiamo prendercela. Ma è da presumere che se abbiamo fatto una scelta di questo tipo è stato con consapevolezza, sulla base dei nostri valori. O no?
Che sia così o meno, il primo passo è uscire dal pensiero unico in cui – è bene precisare – ci siamo infilati da soli. occorre prendere coscienza del fatto che le possibilità sono infinite, e che una volta ritrovato il nostro bambino interiore e ricordato cosa cercava, possiamo ogni giorno, anche nella Corsa del Criceto, fare leva, ovvero il primo piccolo passo nella direzione dei nostri sogni.