A cura della Redazione Spettacoli
Se c’è un genere che ha reso l’Italia grande nella storia del cinema, quello è proprio la commedia. Commedia italiana e non all’italiana, perché i nostri autori non si limitavano ad applicare una formula matematica, sfornando prodotti fotocopia, ma creavano ogni volta qualcosa di diverso, nuovo, qualcosa che ci permettesse di leggere meglio la realtà contemporanea e analizzarla nel profondo. Quando un film comico è scritto bene rende possibile una piena comprensione dei tempi moderni, forse di più e meglio rispetto ad un film drammatico.
E’ così per l’opera prima di Sydney Sibilia, Smetto quando voglio, spericolata analisi del mondo del precariato e ode a quelle persone che vengono raramente valorizzate nel nostro Belpaese.
I protagonisti, interpretati da un gruppo di attori eccezionali, sono dei laureati, ex ragazzi (superano tutti la trentina) che in qualunque nazione mondiale sarebbero diventati ricercatori, professori, studiosi di primo piano, ma che dalle parti di Roma sono costretti a riciclarsi come benzinai, cuochi, assistenti degli assistenti degli assistenti universitari…tutti in nero, tutti con stipendi da fame, tutti incerti sul futuro.
Pietro (Edoardo Leo) decide di risolvere la crisi personale riguardante il mancato rinnovo del suo contratto di ricercatore neurobiologo trasformandosi nel creatore di una nuova smart drug, una sostanza ancora legale in Italia con cui fare tanti soldi. Assume il suo amico Alberto (Stefano Fresi, strepitoso), i latinisti benzinai Mattia e Giorgio (Valerio Aprea e Lorenzo Lavia), Bartolomeo (Libero De Rienzo), un economista ossessionato dal poker, Arturo (Paolo Calabresi), archeologo affamato che lavora per il Comune e Andrea (Pietro Sermonti), antropologo dal cuore gentile che cerca invano di essere assunto da uno sfasciacarrozze.
Data la qualità dei cervelli in gioco, l’attività parte subito alla grande, ma quando i nostri eroi finiscono col pestare i piedi al Murena (Neri Marcorè), ex ingegnere, ora spacciatore ad honorem, la situazione precipita.
Il film di Sibilia è ben scritto e si gioca tutto sul contrasto tra la ricchezza intellettuale dei suoi protagonisti e le situazioni becere che si trovano a vivere. Non possiamo fare altro che sperare che a questo notevole esordio seguano altri film altrettanto riusciti e divertenti. Insomma, non smettere Sydney!