Film, “Quando c’era Marnie” di Hiromasa Yonebayashi

A cura della Redazione Spettacoli 
Ancora una volta lo Studio Ghibli si conferma come uno dei pilastri della moderna animazione, proponendoci con il lungometraggio, Quando c’era Marnie, diretto da Hiromasa Yonebayashi, in grado di coniugare realismo e poesia, senza mai perdere di vista l’attenzione alla storia. Tratto dal romanzo di Joan G. Robinson, il film racconta la storia di Anna, una dodicenne di Sapporo che si trasferisce in una città per curare la sua asma. Anna è una ragazzina depressa, che rifiuta con forza ogni contatto sociale, allontanando gli amici e i genitori adottivi che lei ritiene ingiustamente assenti e anaffettivi.
La madre di Anna, invece, è una donna sinceramente preoccupata per la salute di quella bambina così timida e chiusa. Il contatto con una realtà così distante da lei, mette subito in crisi la protagonista che si ritrova catapultata in un mondo semplice ma profondamente umano, come gli zii che la accolgono. Anna passa così le giornate disegnando, sua grande passione, e fantasticando sull’immensa villa sull’acquitrino che attrae misteriosamente la sua attenzione.
Una sera la ragazzina fa la conoscenza di una coetanea, Marnie, una bellissima adolescente bionda che sembra arrivare dal passato. Le due instaurano da subito una profonda connessione che lenisce le rispettive solitudini. Chi sia quella bambina Anna lo scoprirà al termine della vacanza e la risoluzione del mistero sarà il primo passo verso una vita nuova, carica di speranze e gioia.
Pur non perfetto nella tenuta narrativa complessiva, il film di Yonebayashi si distingue per la mirabile capacità di bilanciare l’elemento sovrannaturale e “incredibile” della ghost story della Robinson con l’umanissimo dolore di un’adolescente alla ricerca della propria identità, dilaniata dal terrore di non essere accettata dal resto del mondo. Le lacrime di Anna sono strazianti e toccano il nostro cuore e alla fine sentiamo nel profondo di aver compiuto assieme a lei un pezzo del percorso della sua crescita. Un dono incredibile, che lo Studio Ghibli continua a farci.

Film, “i sogni segreti di Walter Mitty “, di Ben Stiller

A cura della Redazione Spettacoli 
Attore tra i più amati dal pubblico per le sue partecipazioni a commedie di successo, Ben Stiller versione regista diventa un autore leggero ma mai triviale (se si eccettua per il mirabolante Zoolander di cui è stato appena terminato il sequel). Lo dimostra la sua opera più matura, I sogni segreti di Walter Mitty in cui Stiller si ritaglia su misura un ruolo fatto apposta per le sue doti interpretative, un personaggio amabile, perennemente con la testa tra le nuvole. Tratto dal racconto The Secret Life of Walter Mitty di James Thurber nel 1939 e remake di Sogni proibiti del ’47, il film di Stiller racconta la vita di un antieroe newyorkese.
Walter Mitty, addetto allo sviluppo foto della leggendaria rivista Life, è stato appena licenziato assieme ad altri colleghi, finiti in mezzo ad una strada a causa della chiusura del giornale.  Dovrà però compiere ancora una missione prima di lasciare il suo ufficio: ritrovare e sviluppare lo scatto di uno dei più grandi fotografi viventi, Sean O’Connell, artista misterioso ed irraggiungibile che con Walter ha creato negli anni un rapporto di amicizia durevole e profondo. La foto che cattura la quintessenza della vita è stata scelta per l’ultima copertina di Life e deve essere recuperata in tempo.
Abituato a vivere in un mondo di fantasie, quasi dissociato dalla realtà, il timido impiegato dovrà uscire dalla propria zona di sicurezza e intraprendere un viaggio emozionante alla ricerca di Sean e di quella foto. Lo aiuterà Cheryl, la donna di cui è sempre stato segretamente innamorato.
Da New York alle lande desolate dell’Islanda, passando per l’Afghanistan, Mitty-Stiller forza continuamente i confini del conosciuto per avventurarsi in un territorio ignoto e affascinante. Il risultato è un film che parla al cuore più che alla testa e che lascia una sensazione di calore e umanità. Non un film perfetto (la sceneggiatura ha svariati errori e si perde in qualche lungaggine) ma perfetto per Stiller e quindi chiaramente riconoscibile per la sua platea. Dedicato a tutti coloro che amano sognare e lottare per non perdere di vista se stessi e la magia della vita.

La nevrosi del successo

urlo_munchPenso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo.

In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare…. A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. E’ un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco.

Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù…
Pier Paolo Pasolini

Citazione lunghina. per la quale ringrazio il mio lettore Pietro, ma nondimeno necessaria per introdurre il nostro argomento. Come sapete, questo blog risponde essenzialmente a una domanda: che cos’è davvero il successo?

Una delle risposte  che ci siamo dati è nel nostro titolo: il successo, in qualsiasi situazione possiamo venirci a trovare , è fare un passo avanti, ovvero intraprendere un’azione o adottare un atteggiamento mentale che permetta di migliorare la situazione anche di pochissimo. Una serie di questi passi in fila uno dietro l’altro ci portano verso la vita che desideriamo davvero, che a sua volta è anch’essa il “successo”.

Ma perché mai nel titolo ho parlato di “nevrosi” del successo? Un po’ per via della citazione da Pasolini, certo. Ma anche perché mi sembra a volte che “il mondo” cerchi di obbligarci ad avere successo sempre. Il che appare una contraddizione in termini, visto che per avere “successo” occorre imparare delle cose, e per imparare bisogna “fallire” prima di “avere successo”.

Ecco che quindi il senso di necessità di successo diventa una vera e propria nevrosi. Cioè, secondo una delle tante definizioni,

Un insieme di disturbi psicopatologici, in genere scaturiti da un conflitto inconscio di tipo ansiogeno.

Wikipedia

Il conflitto nasce dal fatto che si vorrebbe avere successo senza prima imparare alcunché, come per scienza infusa. O peggio ancora, si vorrebbe avere il “successo” che qualcun altro vuole per noi, invece di avere il nostro, che è quello che vogliamo davvero. Ecco che si crea una separazione, una scissione tra quello che vogliamo e quello che stiamo facendo. Il risultato è che ci sentiamo infelici.

Se invece prendiamo in mano la nostra vita, e cerchiamo di costruire il successo che *noi* vogliamo, ecco che andiamo verso la felicità.

Arriva MotivAzione Web Radio!

radio_valvole2Vi piacerebbe una web radio che vi offrisse messaggi positivi accompagnati da musica piacevole e fuori dagli schemi? Oplà, serviti! Nasce Motivazione Web Radio, creata dal sottoscritto e dal suo megasocio, il coach Giancarlo Fornei per tutti coloro che amano la formazione e lo sviluppo personale.

Trovate la Web Radio all’indirizzo www.faiunpassoavanti.eu 

Potete ascoltarla mentre lavorate oppure nel tempo libero. In ogni caso lo scopo è quello di darci informazioni utili per riflettere su noi stessi.

Poichè sia io che Giancarlo siamo persone che amano migliorare, fateci sapere quello che vi piace o che vi piacerebbe commentando questo post oppure scrivendo a motivazionewebradio@gmail.com

Film, “The Social Network”, di David Fincher

A cura della Redazione Spettacoli
social_network
Cosa c’è dietro un fenomeno globale come Facebook, il social network per eccellenza? La risposta che danno David Fincher con la suprema benedizione dello sceneggiatore Aaron Sorkin è semplice: una donna. Il povero (si fa per dire) Mark Zuckerberg viene mollato sul più bello dalla ragazza Erica e istintivamente si rivale su di lei scrivendo sul suo blog, insultandola con acrimonia. Da numero 1 del computer, sempre nella stessa sera, decide di creare un sito che permetta ai visitatori di votare per le ragazze più belle del campus e così facendo porta al crash il server di Harvard.
La notizia fa il giro dell’università e stimola l’attenzione dei gemelli Winklevoss, desiderosi di mettere su un progetto, “HarvardConnection”, che connettesse online gli studenti del prestigioso ateneo. Contattano Zuckerberg che si dimostra fintamente disinteressato; in realtà con la collaborazione dell’amico Eduardo Saverin realizza la sua versione, Thefacebook, ottenendo in breve tempo grande successo. Il resto è storia.
Qualche anno dopo Zuckerberg lancia Facebook, grazie all’influenza del fondatore di Napster Sean Parker, riduce i poteri di Savarin, che deciderà di fare causa a Zuckerberg come i gemelli Winklevoss, diventa multimiliardario.
Scritto in maniera straordinaria dal genio dello script Sorkin, The Social Network coniuga alla perfezione storia e racconto, con dialoghi strepitosi ed un gruppo di interpreti perfetti, tra cui spicca Jesse Eisenberg. Fincher non possiede alcuna velleità sociologica. Non indaga sul fenomeno Facebook, ma mostrandone le tappe di nascita e sviluppo si focalizza sulla figura enigmatica del suo fondatore, un uomo pieno di ombre e difetti, incapace di relazionarsi con il prossimo, profondamente solo. Da vedere. E gustatevi anche la colonna sonora di Trent Raznor e Atticus Ross.

Il cartello misterioso… qualità o quantità?

macellaio1macellaio2

Con la canicola che imperversa in questi giorni, pensavo che fosse il frutto di un colpo di sole. Tanto che sono tornato indietro per verificare, esattamente come si fa nei sogni che si guarda l’orologio, e se segna un’ora completamente diversa da un secondo prima si capisce che stiamo dormendo.

Invece il cartello era sempre lì, attaccato alla porta della macelleria. CERCASI CLIENTI CON ESPERIENZA. Che vorrà dire? Quale gherminella si nasconde dietro questo criptico messaggio? Alla fine decido di entrare .

A mettere il cartello è stato il macellaio, il signor Roberto. Mi qualifico come giornalista, e gli chiedo cosa voglia dire quel messaggio così strano.  Ne viene fuori un piccolo trattato di economia.  I supermercati vendono a prezzi sempre più bassi, ed è certamente un bene dal punto di vista del potere d’acquisto dei consumatori. Ma che ne è della qualità?

Ovviamente, più si abbassa il prezzo di una merce, più si abbassa la sua qualità. Perché per abbassare il prezzo è necessario scegliere materie prime che costino meno. Così, ad esempio la pasta sarà fatta con farina di seconda o terza qualità anziché di prima.

Potrei continuare per un bel po’, ma penso che il concetto sia chiaro. Ovvio che quando il portafogli è quello non sempre si può scegliere. Ma adesso il senso del cartello mi è molto più comprensibile..

Generatori di mondi

quattro_terreNOI SIAMO RESPONSABILI. Lo ripeto continuamente, ma repetita iuvant. Anche perché si tratta di un concetto banalissimo, e proprio per questo spesso viene dimenticato. Eppure fa una grandissima differenza. Praticamente, rende illegale la disperazione.

Perché disperarsi vuol dire non avere più speranze. Ma se siamo respons-abili, cioè abili a rispondere, ecco che le  speranze non possono mancare mai. Senza contare che la situazione in cui ci troviamo è il risultato delle nostre scelte passate, mentre il futuro dipende appunto dalle scelte che facciamo nel presente, che è il passato di quel futuro.

Complicato? Probabilmente. D’altronde, possiamo realizzare qualcosa soltanto se decidiamo di fare un passo avanti, e quindi a volte anche di vedere se riusciamo a rendere più semplice quello che appare complicato. Insomma, ci sono momenti in cui, per dirla con Einstein, è opportuno cambiare livello di pensiero.

Fra l’altro, se cambiamo il nostro modo di vedere il mondo, si verifica un effetto curioso: il mondo tende a cambiare secondo la nostra visione. Non succede in modo istantaneo, ma nel tempo il cambiamento diventa sempre più evidente. Insomma, possiamo generare il mondo che desideriamo.