Un po’ di grigio

A volte sembra di vagare nella nebbia. Non necessariamente questa impressione è negativa. Ci ricorda che il percorso può apparire nebuloso, per quanto questo ci disturbi.

Infatti, vorremmo avere sempre tutto sotto controllo, ma non sempre questo è possibile. Può allora essere interessante abituarsi a non sapere esattamente cosa succederà. Anzi, questa abitudine semmai può aiutarci ad allargare la nostra mente.

Accettando un po’ di nebbia lungo il nostro percorso ci rendiamo conto di come la Vita e più in generale l’Universo abbiano molta, molta più fantasia di noi. Possiamo attingere a questo potenziale in cambio di un pizzico di incertezza. E magari ci renderemo conto che in questo modo ci arrivano soluzioni molto più creative e funzionali rispetto a quelle che avevamo preventivato.

La di-gestione della frustrazione

Ci piacerebbe che “le cose” andassero sempre “bene” (cioè, come vogliamo noi). Spesso però gli esiti desiderabili sono pochi, quando addirittura non è uno soltanto, mentre gli esiti possibili di qualunque cosa sono infiniti o comunque indeterminati.

Ne deriva che, a livello statistico, è molto più probabile che le cose vadano più o meno diversamente da come vorremmo e/o ci aspettiamo. Cioè, dal nostro punto di vista vanno più o meno “male”.

Apparentemente, non è una bella prospettiva. Cioè, fammi capire: io devo passare la maggior parte della mia vita a farmi un fegato tanto perché le cose non vanno come voglio io???? E che razza di vita è???

Un commento di questo tipo è in realtà pìù che comprensibile. Comprensibile, ma completamente sbagliato. Per il semplice motivo che non dobbiamo essere felici quando le cose vanno come vogliamo noi, ma piuttosto porci l’obiettivo di essere felici a prescindere.

Un simile concetto può sembrare un po’ paradossale, ma non lo è affatto. Perché, se coltiviamo la gioia, decidendo di cogliere il meglio di ogni situazione che ci si presenta, aumentiamo di molto le possibilità che “le cose” vadano “bene”, cioè in un modo gradevole per noi.

Quindi, occorre in un certo qual modo imparare a gestire la frustrazione, ovvero, la sensazione che “le cose” vadano “male”. Si tratta infatti di una sensazione che ha la strana abitudine di autoalimentarsi, creando un campo energetico che molto probabilmente perpetuerà un corso delle “cose” “negativo”.

Ne deriva che occorre implementare un controcampo energetico positivo. Questo può essere ottenuto usando la consapevolezza, il più spesso possibile e con la massima intensità di cui siamo capaci.

L’ ABC dei pensieri

Parlando di qualità dei pensieri, sto trovando molto utile una classificazione alfabetica e, perché no, anche un po’ calcistica. Ritengo che esistano pensieri di serie A, B e C.

In Serie A troviamo i pensieri che ci stimolano. Quelli che ci forniscono energia e vitalità. Quando la nostra mente processa pensieri di serie A, sappiamo benissimo dove stiamo andando e cosa stiamo facendo. I nostri obiettivi sono chiari, la focalizzazione è massima, il tempo e le risorse vengono gestite nel migliore dei modi, e ci sentiamo bene. Siamo per così dire “in flusso”.

In Serie B troviamo i cosiddetti “pensieri oziosi”. Ovvero, pensieri che non sono esattamente negativi, ma che peraltro non ci portano da nessuna parte. Possiamo classificare nella Serie B le cosiddette “distrazioni”. Rientrano in questa serie pensieri del tipo: cosa facciamo stasera per cena, dove andiamo in vacanza quest’estate, cosa c’è di bello stasera in Tv, eccetera eccetera. Un po’ di pensieri oziosi possono pure andare bene, se sono funzionali a ricaricare le nostre batterie. Bisogna stare solo attenti che non diventino preponderanti rispetto a quelli di serie A.

Arriviamo così ai pensieri di serie C, quelli che a buon diritto potremmo definire “infernali”, perché ci privano delle nostre energie, annullano le nostre intenzioni e, se non stiamo bene attenti, possono anche portarci verso situazioni che davvero somigliano all’inferno sulla terra. Rientrano in questa categoria pensieri del tipo: che giornataccia, non ce la posso fare, sbaglio sempre, e via discorrendo.

Risulta evidente che conviene coltivare principalmente pensieri di Serie A, limitare allo stretto indispensabile quelli di Serie B ed evitare come la peste quelli di Serie C. Naturalmente, anche in questo tipo di lavoro non si ottiene tutto subito. Anzi, ve lo dico subito: si tratta di un lavoro piuttosto impegnativo. Che però, curiosamente, non costa più fatica che sopportare le conseguenze dei pensieri di Serie C.