L’onda, la risacca…

Ogni tanto, mentre galleggi nel maremagno delle tue beghe-sfighe quotidiane, pensa a come funziona il mare. Le onde vanno e vengono. Se scrivi qualcosa sul bagnasciuga, arriverà ben presto un’onda che lo cancellerà.

Ultimamente sto sperimentando questa metafora per fare chiarezza nei miei pensieri. Quando il percorso si fa complicato, e la mente si ingarbuglia, immagino che i miei guai siano scritti sulla sabbia del bagnasciuga. Arriva l’onda, si sente il rumore della risacca, et voilà.

Intendiamoci, i problemi sono sempre lì. Non sono spariti magicamente, perché viviamo in un mondo denso, e il pensiero non lo cambia immediatamente. Ma il fatto di aver sgomberato la mente libera energia. La nostra vibrazione migliora, e aumenta la probabilità di trovare una soluzione costruttiva a quello che ci preoccupa.

Sweatcoin, pagati per camminare

Ho cominciato a provare un’app che paga per camminare. Si chiama Sweatcoin, ed il funzionamento è molto semplice: mentre camminate, l’app segna i vostri passi. Più passi fate, più Sweatcoin vi vengono assegnati. In pratica, il vostro esercizio fisico rende.

Devo ancora capire bene come funziona, ma a quanto pare Sweatcoin sta diventando virale. Anche perché, come spesso capita, ha un suo programma di affiliazione. Ovvero, se consigliate l’app a un vostro amico, vi vengono accreditati degli Sweatcoin.

Man mano che la uso, posterò le mie impressioni. Nel frattempo, se volete provarla anche voi e magari farmi sapere le vostre impressioni, vi metto là sfacciatamente il mio link di affiliazione: http://www1.sweatco.in/hi/david482076

Attaccamento

Sono sempre più convinto che l’attaccamento eccessivo sia una delle emozioni più deleterie in assoluto. Se ti attacchi a una cosa, a una persona, a un risultato, è come se tu decidessi che sarai felice se e solo se le cose andranno esattamente come vuoi. Il che potrebbe accadere come no.

Ma allora, potrà dire qualcuno, non bisogna mai desiderare niente? Bisogna per caso rinunciare a qualsiasi sogno? Assolutamente no. Sognare e progettare, porsi degli obiettivi, fa semplicemente parte della natura umana. Quindi, da questo punto di vista, no problem.

Il problema semmai sorge al momento in cui mi attacco troppo al risultato che vorrei raggiungere. Dalla gioia della possibilità di avere successo si passa al terrore di non raggiungerlo. Il che è abbastanza bizzarro, dal momento che proprio la gioia dovrebbe essere lo scopo ultimo della nostra vita.

Quando un obiettivo ostacola la nostra gioia, generalmente vuol dire che nei confronti di quell’obiettivo si è sviluppato un attaccamento. Non necessariamente dobbiamo accantonarlo. Magari, però, per raggiungerlo serve sviluppare delle capacità o acquisire dell informazioni. Insomma, si tratta come spesso succede di suddividere l’obiettivo in segmenti più gestibili.

Non chiederlo alla mente

Qualunque soluzione io cerchi alle sfide del quotidiano, evito di chiederla alla mia mente. Intendo per mente quel frullatore di pensieri che si agita e si affatica tutto il giorno dietro a questo e a quello, creando un marasma di cose cose cose che pretendiamo di seguire tutte assieme, e di qui l’idea che la realtà sia un caos che cerca continuamente di aggredirci, di farci sentire piccoli piccoli.

Questo tipo di mente non è capace di risolvere alcunché. Rimane sempre al livello in cui si trova, mentre spesso le soluzioni veramente creative si trovano a un livello superiore, esterno al caos che a volte sembra la vita quotidiana, con i suoi mille e mille e mille stimoli che cercando di tirarci da una parte e dall’altra.

Insomma, una dispersione di energie dalle dimensioni ciclopiche. Spesso capita di ritrovarsi esausti, distrutti, e peraltro con la sensazione di aver fatto tutto, ma proprio tutto, tranne quella che forse era la cosa giusta da fare. Il mondo diventa per noi un posto fatto essenzialmente di smarrimento e disperazione. Oh, quale ingrato destino. Ah, quanto siamo disgraziati. Questo è il mondo della mente.

C’è una via d’uscita da tutto questo? Certo che sì. Non è una via semplice, ma come spesso capita con le vie non semplici è una via molto proficua. Si tratta, come dicono i motivatori anglosassoni, di focalizzarci sulla “big picture”. Ovvero, fare un passo indietro e capire bene chi siamo, cosa vogliamo davvero.

E’ una via difficile da intraprendere, perché la nostra pigrizia mentale ci porta a preferire quello che già abbiamo, piuttosto che capire se è davvero quello che vogliamo. Che poi per carità, possono pure coincidere, ma anche no. Se però ci sentiamo presi in una morsa, è probabile che l’ipotesi buona sia la seconda.

Allora, bisogna fare un passo indietro e vedere la mente come qualcosa al di fuori di noi. Anche cinque minuti al giorno, come se dovessimo fare un esercizio in palestra. Infatti, anche questo è un muscolo che si sviluppa. E’ incredibile quali soluzioni alle nostre sfide vengono fuori quando smettiamo di chiedere soluzioni alla mente ingrippata nel quotidiano e cominciamo a cercarle in quella che possiamo a buon diritto chiamare creatività.