Opinione e Verità

Viviamo immersi nelle opinioni. Spesso ci sentiamo disorientati perché, davanti a una data situazione, non sappiamo come comportarci. Da una parte ci dicono di fare così, dall’altra ci dicono di fare cosà, e non pare esserci un modo per capire quale sia “la cosa da fare”. La conseguenza è che abbiamo come una sensazione di mal di mare, che consuma tutte le nostre energie.

Se siamo sotto un certo livello, accettiamo questo stato di cose fino ad autodistruggerci, se la nostra vita è abbastanza lunga da portare a termine il processo. Se ancora conserviamo un barlume di energia, andiamo in cerca della Verità. Ovvero , di una parola definitiva che ci “indichi la Via”. Se siamo abbastanza determinati a cercare questa Verità, finiamo per trovarne una: la Religione, il Denaro, la Movida…

Il punto è che spesso, poi, queste Verità si rivelano meno definitive di quanto uno potesse pensare. La Religione senza Fede finisce per essere solo un rituale, che può rassicurare ma non soddisfa. Il Denaro senza Obiettivi si impadronisce di noi: ne vogliamo sempre di più, e non ci basta mai. La Movida senza Amore diventa un vivere aspettando la prossima occasione di Sballo… Insomma, si percepisce ben presto che c’è qualcosa che non funziona.

Quindi, a che santo possiamo mai votarci? Secondo la mia esperienza, è vero quello che funziona. Anche in questo campo, perciò, dovremmo smetterla di cercare qualcuno che ci dia la proverbiale pappa scodellata. Potrebbe essere un’idea attivare la nostra respons-abilità e sperimentare in prima persona. Ovvero: ascoltare tutti, e adoperare la nostra testa per valutare se le opinioni che sentiamo in giro sono vitali e funzionali.

Ne convengo: è certamente più faticoso che starsene con i piedi ben caldi nelle babbucce. Ma si ottengono almeno due vantaggi che secondo me sono fondamentali:

  1. Sviluppiamo i nostri muscoli proattivi. Più prendiamo decisioni, più possibilità abbiamo.
  2. Diventiamo meno attaccati ai risultati, perché abbiamo più aspetti della nostra vita per cui essere grati.

Mi pare proprio un buon affare. Come si dice, il gioco vale la candela.

Odiare l’odio… O amare l’amore?

Sono sempre più convinto che l’amore sia meglio dell’odio. L’odio fa perdere tempo, mentre l’amore lo moltiplica, perché alza i nostri livelli energetici, ci libera e sblocca la nostra creatività. Il che non è poco, considerando che, per motivi che non stiamo ad analizzare e che francamente neanche mi interessano, il mondo sembra essere tutto impostato sull’odio, che al contrario abbassa i nostri livello di energia, spingendoci dentro un circolo vizioso, nel quale a un certo punto sembra impossibile trovare una via d’uscita.

E invece la via d’uscita c’è, eccome. Come sempre, si tratta di prenderci la nostra respons-abilità, ovvero di diventare capaci di rispondere agli stimoli che riceviamo. Nel caso specifico, è utile sviluppare la capacità di essere amorevoli. cioè di pensare in termini di amore, e “inviare” pensieri amorevoli a noi stessi e agli altri.

Mi spingerò oltre: più la situazione e le persone intorno a noi sono (=ci sembrano) odiose e sgradevoli, più amore dobbiamo inviare a quelle persone e a quelle situazioni. Capisco bene che può essere molto complicato. Non dimentichiamo però che si tratta di acquisire un’abitudine, nello specifico un’abitudine che è in netto contrasto con le nostre abitudini quotidiane. Quindi va introdotta gradualmente, usando la consapevolezza.

“Gradualmente” vuol dire che anche questa abitudine va acquisita un po’ come quella all’attività fisica. Se si pretende di passare di botto dal nulla più assoluto ai sei allenamenti da tre ore l’uno in palestra, tutto quello che otterremo sarà un bel po’ di doloretti sparsi per il corpo, accompagnati da una gran voglia di mollare. Occorre dunque andare per gradi.

Per esempio, si può anche cominciare mettendo una sveglia con promemoria sul cellulare. Tutti i giorni a una data ora… bling! Ci ricorda di amare qualcosa o qualcuno, possibilmente qualcosa o qualcuno che ci dà veramente ma veramente fastidio. In questo modo inizieremo un cammino che ci porterà a migliorare sempre di più la nostra vibrazione.

I risultati saranno molto interessanti. Tanto per cominciare, potremo recuperare il tempo che finora abbiamo perso nell’odiare il prossimo. Tempo che potremo utilizzare per creare qualcosa di costruttivo, per esempio contemplare la bellezza della natura o di un’opera d’arte, se non creare opere d’arte noi stessi o comunque domandarci, per esempio, quale può essere il nostro contributo al mondo.

L’arte di andare via

Bisogna essere capaci di andar via dalle situazioni. Naturalmente non sto parlando dell’omino delle barzellette che esce a comprare le sigarette e non torna più. Non si risolve nulla lasciando moglie e figli per trasferirsi a Tahiti. Anche perché comunque ci portiamo via noi stessi, con tutte le nostre convinzioni, e presto o tardi creeremo di nuovo una situazione che ci porterà a uscire per comprare le sigarette.

Cosa significa quindi “andare via”? E’ ovvio che non si “va via” fisicamente. O almeno, non solo. Bisogna infatti considerare che la realtà non esiste, o per essere più precisi è frutto di una nostra percezione, è chiaro che se ci troviamo in una situazione “negativa”, (cioè, che non ci piace) pensare continuamente a quella situazione non ci porterà molto lontano.

Occorre appunto “andare via”, cioè cominciare ad esplorare alternative. Il mondo, infatti, è decisamente vasto. C’è sempre qualcosa di nuovo da imparare. Anzi, direi che il nostro compito come esseri umani è proprio quello: apprendere e comprendere il più possibile. Non esiste un punto d’arrivo che ci consenta di sederci sugli allori.

Ti conosco mascherina: distanziamento fisico e distanziamento sociale

L’uomo si conferma animale sociale. Se qualcuno paventava che andare in giro con mascherine e guanti potesse inficiare i rapporti umani, credo che si possa rilassare. La mia esperienza durante questi primi giorni della “fase 2” è che non si sta materializzando la “società senza volto” che veniva ipotizzata da più parti.

La mascherina sembra non porre eccessivi problemi per la comunicazione interpersonale. Semplicemente, la mimica facciale viene sostituita da quella fisica, e la naturale tendenza dell’essere umano all’empatia fa il resto. Il nostro cervello trova nuove vie per interpretare il prossimo, e si conferma la nostra resilienza comunicazionale.

Lo stesso vale per il cosiddetto “distanziamento sociale”. Tanto per cominciare, qualcuno ha cominciato a chiamarlo “distanziamento fisico”. Si tratta di una rietichettatura, come si direbbe in termini di Programmazione Neuro Linguistica, che mi trova perfettamente d’accordo. Perché anche quella crescita della diffidenza che alcuni avevano ipotizzato sembra proprio non esserci.

Dal punto di vista sociale, si nota anzi una maggiore voglia di stare insieme. Ovviamente, e almeno per ora, in modi certamente diversi da quelli a cui siamo abituati. Ma d’altronde, come specie, l’uomo è un animale che sopravvive adattandosi. E anche in questo caso, a parte qualche disorientamento iniziale, sembra proprio che abbiamo la strada per sopravvivere anche alla pandemia. Almeno dal punto di vista della tenuta dei rapporti interpersonali e sociali in genere

Siamo qui per comprendere

L’apparente caos e la complessità del mondo a volte sembrano sul punto di sopraffarci. Ci son momenti in cui regole e paletti sembrano essere ovunque, e ancora di più in periodi come questo (maggio 2020) in cui ci si prospetta quantomeno per i prossimi mesi un mondo se possibile ancora più complesso e impegnativo.

Tuttavia, occorre superare questa complessità che è del tutto apparente. E questo può essere fatto creandoci un mindset, un atteggiamento di comprensione. Siamo qui per comprendere, per conoscere, e per utilizzare questa comprensione e questa conoscenza per evolvere, per ampliare le nostre potenzialità.

Anche perché il caos e la complessità spesso sono una nostra personalissima opinione. Pensiamo che sia necessario conoscere tutto per realizzare la nostra vita. Cosa ovviamente impossibile, e che spesso diventa una enorme fonte di stress. La cosa migliore che possiamo fare dopo di quella, e che invece di stress può portarci una bella energia, è che siamo qui per comprendere, gradualmente, secondo le nostre capacità. Con un pizzico di amore.

Coltivare la propria vibrazione

Molti pensano che la felicità derivi dai risultati che si ottengono, mentre è vero invece che si ottengono risultati quando siamo felici. La felicità, cioè, è quello stato che si ottiene quando siamo grati di quello che abbiamo.

Può sembrare un po’ paradossale come concetto, però seguitemi. Se abbiamo tantissime cose, ma non siamo grati di averle, entriamo in uno stato vibrazionale negativo nel quale aumentiamo di parecchio la possibilità di perderle.

Viceversa, se siamo grati, se cioè apprezziamo quello che abbiamo, ne vediamo le qualità piuttosto che i difetti, ecco che la qualità della nostra vibrazione si innalza, e massimizziamo le possibilità di ottenere risultati soddisfacenti.

Da questa riflessione deriva la necessità di osservare costantemente la qualità della nostra vibrazione e provvedere se necessario a migliorarla. Anche questa è una nostra respons-abilità.

I modi di migliorare la propria vibrazione sono moltissimi. Davvero, c’è soltanto l’imbarazzo della scelta. Si va dalla meditazione nelle sue varie sfumature alla Programmazione Neuro Linguistica (Pnl). Anche qui, prendiamoci la responsabilità della ricerca e del test in prima persona.

Il nesso, comunque, è concentrarsi sugli aspetti della nostra situazione che funzionano, ci piacciono e/o ci danno più forza.