L’Italia è un paese fondato sul lavoro…

Il tasso di occupazione italiano a confronto con il prodotto lordo pro capite: nel continente europeo non si riesce a trovare qualcosa di peggio. L’Italia reprime il lavoro con ogni mezzo. Buonanotte Costituzione.

via Lavoro, PIL, Italia: fare peggio non si può — Far di Conto

Voglia di denigrare e invidia costruttiva

Chi non concede alla sua anima di esprimere  ciò che è venuta ad esprimere, finisce sempre per odiare prima sé stesso e poi gli altri.  (Salvatore Brizzi, La via della ricchezza)

 

Esiste una forma di invidia costruttiva. E’ quella che, invece di farti sperare che gli altri perdano quello che tu pensi di non poter avere, ti spinge a migliorarti e acquisire le conoscenze che ti servono per avere la stessa cosa. Esiste poi l’invidia distruttiva, quella che ci porta a roderci dentro per quello che qualcun’altro ha, e noi no, e, cosa anche peggiore, pensiamo di non poter avere mai.

Ci troviamo ad augurare alle persone ogni male possibile, in modo che diventino sfigati come noi, e noi possiamo sentirci più normali. Insomma, visto che non possiamo migliorare noi, facciamo in modo che peggiorino gli altri. Costa certamente meno che sforzarci per andare oltre la nostra zona di confort.

Ma da dove nasce questo atteggiamento? Generalmente, tutto comincia quando, per vari motivi, rinunciamo a noi stessi. Intendo, quando cominciamo a permettere che le banalità quotidiane ci impediscano di fare quello che veramente ci piace. Ma non è neanche questo il vero danno. Il vero danno è quando siamo talmente presi dal brusio di fondo degli affanni quotidiani che dimentichiamo quello che veramente vogliamo fare.

Insomma, se ci appassiona dipingere, assolutamente nulla ci vieterebbe di trovare un’ora al giorno per farlo, giusto? In realtà, spesso veniamo talmente presi dalle nostre faccende che prima ricordiamo di dover dipingere ma non troviamo il tempo, poi, a forza di non riuscire a trovare il tempo, dimentichiamo proprio che volevamo trovare il tempo per dipingere.

Lo dimentichiamo a livello cosciente. Ma, ovviamente, a non dimenticare è il qualcosa dentro di noi che qualcuno chiama anima, qualcun’altro subcosciente, insomma la nostra essenza. Che ci comunica un senso di insoddisfazione. Noi, ormai abbiamo dimenticato quello che volevamo fare, e non sappiamo perché questa insoddisfazione si fa sentire. Siccome però per nostra natura dobbiamo sempre trovare una ragione a tutto, ecco che la nostra mente trova un colpevole: gli altri.

Se non realizziamo quello che realmente vogliamo, non è colpa nostra, è sempre colpa di qualcun’altro. E dal momento che non possiamo realizzare quello che vogliamo (o pensiamo di non poterlo realizzare) ecco che troviamo più pratico denigrare quello che fanno gli altri. Invece, magari, di ammirarli per quello che fanno e farci venir voglia di un po’ di emulazione positiva.

Senza fiato

Uno spettacolo senza dubbio particolare quello cui mi è capitato di assistere in occasione di un servizio per la Tgr Rai della Valle d’Aosta. Protagonista un attore, Pierpaolo Baiungiu, ma soprattutto un vero paziente affetto da fibrosi cistica.

Che detto così, all’uomo medio fa saltare un attimo sulla sedia, trattandosi di malattia (già di per sé argomento tabù nella nostra società), e per giunta di una malattia di quelle “misteriose”, che mettono un po’ paura. Come sempre,  peraltro, la cura per la paura è la conoscenza.

Ed è esattamente questo lo scopo di “Senza Fiato”, andato in scena alla Cittadella dei Giovani di Aosta con ben due repliche, il 7 e il 10 Maggio 2018.  Il titolo già di suo è improntato all’ironia. Mi ricorda un po’ il David Lubrano di “No globul”, libro che anch’esso tratta con umorismo il tema della gestione della malattia.

Di cosa parla dunque lo spettacolo di Pierpaolo? Del suo rapporto quotidiano con la malattia, genetica (quindi non contagiosa!)  e che colpisce soprattutto i polmoni, delle flebo e dei medicinali a ore fisse, dei problemi pratici insomma, ma vissuti con umorismo.

Un umorismo che serve certamente a sdrammatizzare la malattia. Ma il fatto di sdrammatizzarla rende anche più facile per chi non ce l’ha avvicinarsi e conoscerla. Quindi di fatto la rende meno gravosa, più gestibile. Come sempre, la conoscenza ci consente di fare un passo avanti, di migliorare la qualità della nostra vita.

Complimenti dunque al Teatro del Segno che ha veramente colto la funzione dell’opera teatrale, quella di muovere gli animi degli spettatori verso ciò che è meglio, verso la conoscenza e la comprensione.  Anche di quell’argomento stranamente imbarazzante che è la malattia.

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