Il nostro dovere è quello di essere creativi, ovvero aggiungere bellezza alla bellezza intrinseca del creato. E’ questo il nostro vero lavoro, il compito che siamo chiamati a svolgere su questa terra. Tutto quello che facciamo e che desideriamo risponde a questa spinta che è dentro di noi, fa parte integrante della condizione umana.
Spesso ci dimentichiamo di questo compito, e finiamo per identificati con la situazione attuale, che in definitiva è semplicemente il frutto di ciò che è accaduto finora. Ci attacchiamo a quello che abbiamo realizzato, buono o meno buono che sia.
Intendiamoci: godersi i risultati dei nostri sforzi è legittimo e sacrosanto. Il problema sorge quando iniziamo a temere di perdere la nicchia che ci siamo costruiti. Si tratta di una paura abbastanza assurda. Innanzitutto perché preoccuparci peggiorerà la qualità delle nostre energie, rendendo più probabile la perdita di quello che ci sta (troppo) a cuore.
Allora si innesca la corsa del criceto: corriamo come dei forsennati per mantenere lo status quo, per rimanere, in definitiva, sempre nello stesso posto. Il punto è che nel frattempo le cose intorno continuano a cambiare, e a un certo punto la nostra corsa del criceto non sarà più adeguata. Nonostante tutto il nostro pedalare, può darsi che perdiamo quello che abbiamo costruito, in tutto o in parte.
Quindi, va benissimo godersi quello che abbiamo, ma occorre anche conservare la flessibilità mentale necessaria per non riposare troppo sugli allori. Rimanere sempre sul sentiero dello sviluppo personale.