Azioni ispirate

Sto scoprendo che prima di ogni azione è assai produttivo verificare il nostro stato d’animo. Non si tratta di mettersi seduti nella posizione del loto e fregarsene di quello che ci capita attorno. Al contrario, ci impegniamo a sentirci meglio possibile in modo che quando agiamo, la nostra azione sia il più possibile proficua per noi e per gli altri. Insomma, sia un’azione ispirata.

Che cosa proviamo quando stiamo per compiere un’azione? Di quale tipo è la motivazione che ci spinge? Stiamo per fare quella cosa perché sentiamo che si tratta di un passo avanti sulla via della nostra crescita, oppure siamo spinti da qualcosa o qualcuno che potrebbe non avere a cuore i nostri migliori interessi, o semplicemente non sa quali siano?

Questo tipo di procedimento riguarda qualsiasi tipo di azione. Anche perché penso che dovremmo fare dell’azione ispirata una vera e propria abitudine. Da quello che mangiamo al rapporto con il nostro partner. Quando stiamo per metterci a tavola, potremmo chiederci se quello che mangiamo ci aiuta oppure al contrario ci toglie energia. Allo stesso modo, potremmo domandarci quale effetto hanno su di noi i rapporti che intratteniamo con gli altri.

Chi sta pensando?

Mario Robecchi, Dal 2020 al 2025: Saggezza per vivere

Ci sono pensieri che in realtà non sono nostri. Vengono da fuori. Sono frattaglie che abbiamo raccolto un po’ dovunque. Dalla televisione, dalla radio, ascoltando conversazioni per strada… Concetti che tendenzialmente non ci appartengono, ma che si aprono la strada nel nostro subconscio per poi riaffiorare in modo che li crediamo nostri.

Va tutto benissimo, finché i pensieri che abbiamo sono etici, cioè vitali. Quando insomma ci aiutano nel raggiungimento dei nostri scopi e/o ci rendono felici. Ma che dire quando invece ci creano degli ostacoli, quando rendono la nostra vita stressante, cupa, piena di ossessioni? Forse è il caso di attivare un po’ di Revisione della Routine.

Quando, infatti, le situazioni ci appaiono oppressive e/o ingarbugliate, può essere utile fare uno sforzo per staccarsene, e cercare di capire quanto siano utili e vitali i pensieri che ci passano per la testa.

Dobbiamo in definitiva chiederci il più spesso possibile chi sta pensando. Noi, o qualcun altro?

Alberto Chiara e la “meditazione in un minuto”

Grazie alla presentazione del suo volume MediTiAmo alla libreria Briviodue di Aosta ho avuto l’indubbio piacere di scoprire un autore che non conoscevo, Alberto Chiara. Quello che mi è piaciuto in particolare è il suo pragmatismo rispetto al tema della meditazione. Ad esempio, sapevo che per iniziare a meditare bisognava mettersi lì e concentrarsi sul proprio respiro per x minuti. Per non parlare della prescrizione di meditare ogni giorno per tre volte, venti minuti alla volta.

Orbene, subito all’inizio del libro Chiara mette… in chiaro che l’occidentale medio non ha tempo per tutto questo – o, per essere più precisi, non ha la necessaria organizzazione mentale. Di conseguenza, come è accaduto al tempo in cui alcuni guru orientali adattarono – parecchio – la meditazione alla mentalità degli occidentali di allora, eliminando i riferimenti più strettamente religiosi.

Che cosa propone dunque Chiara nel suo testo? Di mettersi seduti, mani sulle ginocchia, occhi chiusi, e decontrarre le varie parti del nostro corpo, una alla volta, iniziando dalla testa per poi passare al collo, alle spalle, e così via fino ad arrivare ai piedi. Il risultato è un sottile benessere che Chiara identifica con Dio. Naturalmente, chi non crede può pensare all’Universo, al Potere Superiore e così via.

Ora, dal momento che spesso le tensioni a livello di pensiero sono precedute da tensioni a livello fisico, ne deriva che imparare a rilasciare le tensioni del corpo può servire a mantenere quieti i pensieri. Il che favorisce la conservazione di energie che possono essere dedicate a faccende più costruttive che non rimuginare su rimpianti e preoccupazioni.