Prendo spunto da questo articolo comparso sul Corriere della Sera – Corriere Torino oggi 31 dicembre 2020. Si annuncia la venuta in alcune aziende del cosiddetto “manager della felicità”. O, per usare un titolo più anglosassone e altisonante, “Chief Happiness Officer”. Il loro compito è quello di far diventare i dipendenti dei veri e propri leader. Principalmente di sè stessi.
Questa iniziativa è molto interessante, perché di solito si pensa al lavoro da dipendenti come a una sorta di pena infernale dalla quale scappare appena possibile sviluppando una propria attività e diventando imprenditori. La mia esperienza di dipendente, finora in due aziende diverse, mi dice che dipende molto dall’azienda in primis e in seconda battuta dai colleghi con cui ti trovi a interagire più spesso.
E’ vero che fino a non molto tempo fa la maggior parte delle aziende avevano dei tratti che potevano giustificare le raffigurazioni che il mitico Paolo Villaggio dava nella sua serie di libri e film su Fantozzi. Per qualche ragione, i dipendenti finivano per portare in azienda i loro lati più psicotici, dando luogo alla Geenna che di solito si associa alla condizione di dipendente.
In realtà, ci sono anche situazioni in cui, molto semplicemente, le persone vengono sì a lavorare per lo stipendio, ma non per questo vedono il posto di lavoro come una condizione negativa. Anzi, se la vogliamo dire tutta, sono convinte che, come minimo, farci piacere il nostro lavoro attuale può essere un modo per alzare l’asticella, per migliorare un tanto la qualità della nostra vita.
Il ragionamento è: dal momento che bisogna lavorare per vivere, e che al momento per vari motivi ho un lavoro che non è quello che sarebbe l’ideale per me. D’altra parte, se mi fisso sul fatto che questo lavoro non mi piace, quindi sono sfortunato e la mia vita è un tale disastro, è evidente che innesco una spirale discendente che se va bene non mi porta da nessuna parte, se va male mi porta all’autodistruzione, spirituale se non fisica.
Viceversa, se mi concentro su quello che l’esperienza può insegnarmi, insomma, su quello che funziona, ecco che probabilmente prima o poi centrerò quello che è il vero obiettivo della mia vita, dal momento che innescherò una spirale positiva che renderà la mia mente sempre più chiara e focalizzata.
Il fatto che adesso arrivino persone che insegnano ai dipendenti a diventare leader è un’ottima notizia. Le aziende, evidentemente, si stanno rendendo conto che un dipendente focalizzato come persona rende molto di più di uno inserito in un ambiente disfunzionale. Se ognuno ha ben chiaro lo scopo di quello che deve fare, funziona molto meglio come singolo e si interfaccia in modo ottimale con il resto della squadra.