A cura della Redazione Spettacoli
Presentato in anteprima mondiale nel 2013 a Venezia, Festival la cui giuria è presiduta in questi giorni proprio da Alfonso Cuaròn, Gravity è stato senza dubbio uno dei film di fantascienza più riusciti degli ultimi anni, un tentativo positivo di fondere una storia profondamente umana con una messa in scena avveniristica.
La dottoressa Ryan Stone è un ingegnere biomedico alla prima missione spaziale della carriera sullo Space Shuttle Explorer. Timida e introversa, si affida all’esperienza del veterano Matt Kowalsky, all’ultimo atto della sua grande carriera. L’impatto con i detriti di un satellite colpito da un missile russo distrugge la loro stazione orbitale. Ryan e Matt fluttuano nello spazio da soli cercando di raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e di evitare una seconda ondata di detriti.
Ad essere sconvolgente nel film è l’esperienza della protagonista, una bravissima Sandra Bullock, una donna fragile, colpita da un lutto devastante, che si riscopre indomita e coraggiosa e che riesce a trasformare il dolore in una spinta alla rinascita. Per essere più precisi quindi, che sia proprio una donna l’eroina del rinnovamento di un genere “maschile” come la sci-fi è la grande rivoluzione voluta da Cuaròn.
Delle 10 candidature ottenute agli Oscar, Gravity ne ha conquistati ben sette, tra cui Miglior regia ad Alfonso Cuarón.